Impresa e famiglia: gestire il passaggio generazionale

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Impresa e famiglia: gestire il passaggio generazionale

Come si gestisce il passaggio generazionale in azienda? Quali sono le criticità nel rapporto tra impresa e famiglia al momento dell’avvicendamento e quali soluzioni può offrire un consulente per il family business?

Ne parliamo con Giuseppe Torturo, esperto di Bizcovery nel management delle PMI e con una lunga carriera professionale in consulenza tributaria, amministrativa e giuslavoristica (diritto del lavoro).

Ciao Giuseppe, partiamo dal principio. Il passaggio generazionale si deve sempre pianificare? Quanto prima bisogna pensarci?

Assolutamente sì. Il passaggio generazionale, in tutti i casi e anche nelle Piccole e Medie Imprese, va sempre pianificato.

I dati ci dicono che mediamente nel passaggio dalla prima alla seconda generazione sopravvive il 40% delle aziende, mentre nel passaggio dalla seconda alla terza generazione, addirittura soltanto il 17%. E molti titolari di azienda non dispongono di un quadro futuro per la propria impresa.

Il passaggio generazionale è un tema sul quale la famiglia che gestisce l’azienda deve essere sempre cosciente. Occorre muoversi con molti anni di anticipo, per valutare fattori cruciali come l’interesse dei figli alla successione in azienda, le loro competenze e le eventuali figure che possono guidare questo delicato passaggio. La successione non è un’improvvisazione, è un processo.

Quali sono i conflitti che potrebbero insorgere?

Più che di conflitti parlerei di problemi che possono emergere nelle varie fasi del passaggio.

Ad esempio, può esserci un problema di leadership, ossia l’assenza in famiglia di un leader “nato”. O una difficoltà nell’individuazione del soggetto più adeguato alla guida dell’impresa tra i diversi membri della famiglia. Questo si verifica, in particolare, quando ci sono più rami familiari coinvolti nella successione.

In questi casi si può valutare l’inserimento di un manager esterno con esperienza, che per un periodo possa affiancare il successore (o i successori) alla guida dell’impresa. Nelle piccole aziende, però, si è molto restii ad introdurre figure esterne alla famiglia, ed è qui che possono insorgere i conflitti.

Inoltre, spesso, c’è una mancanza di comunicazione tra vecchia e nuova generazione. Il “non parlarsi” rallenta i processi decisionali e l’adattamento al contesto che evolve, rischiando di sfociare in uno scontro nel momento in cui la decisione non può essere più rimandata.

Quali sono i rischi di un passaggio generazionale “andato male”?

Come dicevo prima, l’intera vita aziendale può essere messa a rischio. Il vuoto di management, e strategie di lungo termine non condivise, possono logorare nel tempo l’operato dell’azienda e inficiare direttamente sulla competitività.

Questo si traduce in episodi di crisi aziendale, che possono portare addirittura alla vendita dell’azienda.

Vorrei però dire, che in alcuni casi (rari, ma non eccezionali) la successione può essere affidata ad una risorsa interna particolarmente valida, che seppur non faccia parte della famiglia, ha tutte le carte in regola per prendere le redini dell’azienda.

Ovviamente, la casistica è infinita e ogni situazione è a sé: sono fermamente convinto, però, che il futuro dell’azienda è sempre nell’azienda.

Il passaggio va pianificato anche per le attività più piccole, come stabilimenti balneari, bar e ristoranti? Quali sono le eventuali differenze?

Diciamo che di solito il lavoro che si fa con il passaggio generazionale riguarda realtà che superano sempre almeno i 10 dipendenti. Il tema è caldo anche per le micro-realtà, ma è molto complesso entrare nelle dinamiche di attività con gestione in famiglia e senza un minimo di organigramma.

In ogni caso, anche sulle piccole attività commerciali possiamo fare consulenza, lavorando sulla preparazione e facendo una strategia che poi viene tarata con il corso degli eventi.

Che cosa fa un consulente per il passaggio generazionale?

Il consulente per il passaggio generazionale è sostanzialmente un “business coach”. Innanzitutto, mette a disposizione le informazioni, riducendo le incertezze e permettendo a tutti i coinvolti di capire la necessità di cambiare.

Poi, agisce sulla motivazione ad effettuare un passaggio più ottimale possibile, aiutando i soggetti a manifestare in maniera chiara e diretta volontà e obiettivi, così come pareri e valutazioni.

In altre parole, il consulente è colui che fa emergere tutte le informazioni e le mette sul tavolo.

Dopo di che, si occupa di individuare le figure più adatte a subentrare nella dirigenza, valutandone capacità e soft skills. Al bisogno, può individuare il miglior profilo esterno da proporre come temporary manager.

Inoltre, il consulente o lo studio di consulenti, può occuparsi della gestione del passaggio dell’eredità e fare da mediatore diretto tra membri della famiglia, gestendo gli accordi negoziali tra le parti.

Infine, è colui che prepara i nuovi dirigenti in grado di succedere agli attuali, e pianifica con attenzione la strategia di successione aziendale.

Ci puoi portare un esempio di un vostro caso di successo?

Un caso interessante è quello di un’azienda di produzione con 25 dipendenti che seguiamo da quando era piccolissima, vent’anni fa. Oggi è una realtà da 5 milioni di Euro di fatturato che esporta in tutto il mondo.

Il caso era delicato poiché non c’erano figli che potevano entrare in azienda (passaggio senza successori). Quello che abbiamo fatto è stato suggerire e poi individuare un general manager per garantire la continuità; un processo iniziato più di due anni fa. Il nostro affiancamento oggi è molto utile a mediare tra il manager e la proprietà in questa delicata fase di transizione, con particolare attenzione all’andamento del business dell’azienda.

By |2019-10-14T15:14:33+00:00ottobre 14th, 2019|Blog|